Che parole si usano ora sulla West Coast degli Stati Uniti d’America?

Lorenzo Fresh
3 min readMar 21, 2020

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Sull’abbondanza e kaos semantico negli USA durante Covid-19

I mattoni del Paese, USA 2020, Lorenzo Fresh

In California da alcuni giorni si sta sentendo molto parlare di “Shelter in Place” per definire la risposta proattiva dei cittadini nel contrastare la diffusione del virus: “people need to shelter in place” il governatore oggi ripeteva.

Il termine deriva dalla radicata cultura dei “piani di emergenza” adottati in molteplici ambienti di questo paese, sperimentandoli sin da scuola. Ci si “shelter in place” per un pericolo improvviso come un attacco terroristico, una fuga di gas, un cataclisma. Negli USA, dagli uragani della Florida al black out di New York, ci si barrica.

L’attenzione viene spostata sull’ individuo che prende coscienza ed entra in azione, “rifugiandosi nel suo luogo”.

L’obiettivo primario è sensibilizzare con tatto. Ecco perchè “stay-at-home”, “stay inside” e “self-isolation” vengono coniate ed usate come alternative tra l’ordinanza, il consiglio caloroso e l’auto-responsabilizzazione. Con la lontana implicazione zen, forse, dello stare dentro di sè in ascolto.

La Cina e l’ Italia vanno in “lock down” e “quarantene”. Il “bloccare tutto” è una imposizione dall’alto e restrizione delle libertà personali, conseguentemente inaccettata nella cultura americana. Viene declinata stato per stato e mai come in questo momento, le istituzioni locali più sensibili fanno appello all’ auto-limitazione del singolo cittadino.

Da un punto di vista linguistico e legale si gioca una partita estremamente delicata. I media, le ordinanze e la politica ne sono la scacchiera. I cittadini i pedoni.

Nelle 24 ore precedenti all’ordinanza, nell’area della Baia sono stati presi d’assalto negozi di videogames e dispensary di marijuana. Più a nord, ho trovato interessante come nel supermercato del quartiere più ricco di Portland, la città dove sto vivendo, l’intero corridoio dei surgelati di verdure fosse stata presa d’assalto. La “W(b)est Coast” sa sempre distinguersi.

Molti amici mi hanno chiesto se ho la percezione della corsa alle armi che ha addirittura portato alcuni sindaci a firmare un ordine esecutivo che permetterebbe loro di vietarne la vendita. La paura e l’incertezza in questo paese talvolta si fronteggiano con le armi. “I shelter my self” e lo faccio con un arma sotto il cuscino.

Il tema su cui da giorni mi interrogo è quando questo equilibrio fondato sull’individuo e le sue libertà si scontrerà con la necessità di accettare delle decisioni di carattere nazionale definitive; oltre le comunità interconnesse, cosa accadrà?

Quanto il “lock down” per funzionare vada interpretato come un’azione che l’intera collettività è portata a prendere con coscienza. Sforzo che si trasforma in ordine in Cina e tentativo in Europa. Quanto invece lo “stay-at-home” e lo “shelter in place” possano davvero prevalere e resistere nel paese delle libertà.

Alla radio un interessante poll raccontava che il 60% degli Americani non si fida del Presidente su temi legati a pandemia e corona virus.

Quali definizioni linguistico-filosofiche prevarranno in una federazione di stati dalle molte anime quando ci sarà la necessità di fare scelte univoche?

Ad oggi alcuni sindaci e governatori illuminati stanno lavorando ad una responsabilizzazione della popolazione più ricettiva, ci si sta provando. Si confrontano con l’esigenza di dare un nome a qualche cosa che non è facile da chiarire, tra le sfumature di parole forti che sempre più potrebbero calpestare diritti inalienabili.

Con l’ augurio che le comunità interconnesse e barricate diventino un paese con lo stesso vocabolario. Tra un joint, un proiettile, una zuppa di cavolo nero ed un joystick.

for more words, check here: https://medium.com/@iamLorenzoFresh/let-understanding-be-contagious-73269e707981

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Lorenzo Fresh
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Written by Lorenzo Fresh

Urban & Data Anthropologist. UX Researcher for Fifth Beat (ITA/DE) and Vertical (USA). World ethnographer

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